martedì 10 dicembre 2019

Recensione "Le città invisibili" di Italo Calvino

Due modi ci sono per non soffrire. Il primo riesce facile a molti: accettare l'inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa in mezzo all'inferno, non è l'inferno, e farlo durare, e dargli spazio.
Così Calvino conclude questo Atlante, questo campionario di città che paiono tanto lontane quanto più ci son vicine. Con questo susseguirsi di città, Calvino coglie l'opportunità di far riflettere su vari temi: memoria, desiderio, segni, morte e ignoto. Sebbene tutto ciò all'apparenza potrebbe sembrare distante e slegato, l'intento dell'autore in realtà è quello di tracciare un percorso che sarà seguito dal lettore, il quale trarrà liberamente le proprie conclusioni. L'obiettivo non condizionatore di Calvino è dimostrato dai differenti punti di vista che egli presenta, a volte anche opposti come si evince dalla conclusione del libro.

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