OTTAVO GIORNO
La luce sembra improvvisamente accecarmi, intorno a me si alza una nebbia fittissima. La terra di chi non ha sepoltura è avvolta da una spessa coltre bianca. Cammino in direzione degli alberi, dei sassi, del ruscello, ma rimango fermo nella piana deserta. La luce diventa sempre più accecante, chiudo gli occhi e continuo a camminare. Il rumore dei miei passi si affievolisce e allo stesso tempo sento l'aria impregnarsi di un odore freddo e pungente. La nebbia sembra avvicinarsi, si chiude intorno a me, guardo a terra e non riesco più a vedere nemmeno i miei piedi. La sento posarsi sulle gambe come un telo, mi rende impossibile avanzare. Mi fermo e riconosco l'odore di disinfettante. Mi entra dalle narici e arriva ai polmoni. Inizio a tossire, mi sento soffocare. La nebbia si alza intorno a me, mi gira la testa e cado a terra. La coltre bianca si posa su di me e mi schiaccia sotto il suo peso. Nelle palpebre rivedo il prato, i sassi, l'acqua del fiume, mio padre con la divisa blu addosso e i guanti bianchi. Riapro gli occhi. La nebbia si è dissolta, la luce si è affievolita. Mi trovo in un letto, non il mio.
Qualcuno mi stringe la mano, alzo lo sguardo e incontro gli occhi lucidi di mia madre. Poi lei si volta verso la porta e a gran voce chiama il dottore. Io osservo in silenzio e aspetto confuso delle spiegazioni. “Signor Yang, bentornato tra noi”. Tornato? Da dove? E perchè sono in ospedale? Sento un dolore lancinante alla testa, avvicino la mano e percepisco una fasciatura sotto i polpastrelli. Guardo il medico e decido di porgli le mie domande. “Signor Yang, c’è stato un incendio nel quale lei è rimasto coinvolto. Le fiamme hanno fatto crollare l’edificio e le hanno causato una ferita al cranio. È stato necessario un intervento. È rimasto in coma per sette giorni “.
Bushati, Cappuccio, Perugini
VG
Nessun commento:
Posta un commento